Il Buddhismo nella letteratura turca di Ermanno Visintainer
Nondimeno i sistemi grafici che, nel corso dei secoli, sono stati impiegati per trascrivere questa lingua, superano di gran lunga quelli in uso presso le rimanenti favelle. Si può, altresì, affermare che da questo punto di vista la letteratura turca è unica al mondo. Un pregiudizio diffuso del nostro tempo, tuttavia, è quello che identifica tassativamente l’Islam con la turcità, avviluppando ed imprigionando quest’ultima in una sorta di camicia di forza, che le impedisce qualsiasi possibilità di svincolo o di risonanza. Sebbene tale preconcetto, dal punto di vista della nostra prospettiva storiografica europea possa anche trovare delle giustificazioni, ovverosia pur non sconfessando l’influenza preponderante esercitata dalla menzionata religione sul passato del mondo turco ed europeo, esso non dissimula, di per sè, una propensione all’apriorismo.
Di certo, sempre ribadendo I turchi, al contrario di altri popoli anatolici caratterizzatisi per un certo monoideismo confessionale, prima d’aver trovato nell’Islam la loro via in apparenza definitiva, hanno via via abbracciato tutte le religioni del mondo. Da un’analisi storica non troppo superficiale, infatti, si potrà facilmente evincere che essi si sono sempre contraddistinti per il sincretismo religioso e per l’esogamia. Invero, le etnie turche maggiormente legate a questo credo, non lo sono da più di mille anni a questa parte, mentre altre, a fasi alterne, sono rimaste fedeli alle antiche religioni, come lo Sciamanesimo e il Buddhismo. Peraltro ricordo che ci sono state ed esistono ancora comunità cristiane fra essi, come i Nestoriani dell’Asia centrale in epoca pregengiskhanide, i Gagauzi di Moldavia o i Čuvassi dell’attuale omonima repubblica, oppure ebraiche, come i Khàzari e i Karaiti in passato. Andando più a ritroso, i succitati Tabγač o 拓跋-T’o Pa in cinese, furono invece una tribù turca originaria del lago Bajkal che, nel 422, conquistò 洛陽-Luoyang, l’antica capitale, assurgendo al rango di veri e propri imperatori cinesi con il nome dinastico di 魏-Wei, abbracciarono il buddhismo di cui divennero i propagandisti e divulgatori nel Celeste Impero. Si può pertanto asserire che nella misura in cui i turchi hanno portato l’Islam alle porte dell’Europa, parimenti essi hanno veicolato il Buddhismo nel cuore della Cina. Essi furono peraltro latori, con l’Impero Khàzaro, dell’Ebraismo nella regione caspica o dello Sciismo in Iran con Šah Ismail. Il sovrano Bumin Qāghān, nel 552, fu un precursore di questa dottrina che trovò mecenati e mentori presso i turchi, i quali permisero ai buddhisti, momentaneamente perseguitati dai Cinesi, di rifugiarsi presso di loro, così come in un altro contesto storico gli Ebrei, per sfuggire ai pogrom bizantini, troveranno asilo presso i Khàzari (altra etnia della grande famiglia turca). Un altro sovrano, Bilgä Qāghān, nell’VIII secolo, espresse ancora una forte propensione per la religione indiana, sognando di far erigere un monastero nella sua città. Per inciso di turchi buddhisti ne sono rimasti fino al giorno d’oggi, come i Tuvini, gli Khakassi ed altri, stanziati nell’area mongolo-siberiana.
Parallelamente si sviluppò una vasta letteratura buddhista. Fra le varie opere appartenenti a tale letteratura menzioneremo il “Loto della buona legge”, tradotto in turco, fra il 383 e il 417, da Kumārajīva. Mentre un altro testo importante è il sutra intitolato “Aureo splendore o Altun yaruq”, opera di Sïnqu Säli di Bešbalïq. Lo svedese, Sven Hedin, fu il primo
occidentale a dissotterrare le rovine delle antiche città Nel 1899 scoprì l'antico presidio cinese di Loulan nel deserto di Taklamakan. I numerosi manoscritti
dissotterrati in quel luogo provano l'enorme importanza storica del
ritrovamento. Tuttavia l’esploratore più prolifico fu
l’ungherese, Marc Aurel Stein, il quale in seguito scoprì
le "Cave dei Mille Buddha," vicino
a Dunhuang.
A questo punto intendiamo offrire il saggio di un breve componimento tratto dal testo del prof. R.R.Arat[4], proveniente da un manoscritto turco-uiguro buddhista depositato presso il British Museum e da noi tradotto:
Questo componimento, di fronte al quale possiamo riconoscere le medesime sensazioni trasmesseci dalle gigantesche statue dei Buddha di Bamiyan, in Afghanistan, prima che venissero distrutte dalla furia iconoclasta dei talebani, oltre ad fornirci una prova dell’esistenza di un messaggio diverso in cui facciamo fatica a identificare lo stereotipo turco, ci offre altresì una testimonianza, di come ancora oggi in questo paese vi sia una profonda consapevolezza, di questo importante capitolo della propria storia. Dott. Ermanno
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[1]
Principalmente la persiana che è indubbiamente la principale all’interno
del mondo islamico sebbene non tanto eterogenea come la turca.
[2] A
dispetto di chi stigmatizza i turchi come un popolo che ha dato poco contributo
intellettuale all’Islam, noi obiettiamo che il loro apporto è
indiscutibile, soprattutto per quanto riguarda il sufismo ma anche per il
diritto. Ricordiamo solo la figura di Ahmed Yesevi ancora venerata in tutti i
paesi turchi di tradizione islamica. Puntualizziamo, tuttavia, che i turchi
nella loro sconfinata produzione letteraria non solo hanno lasciato
un’impronta indelebile all’interno della letteratura islamica,
altresì ricordiamo che esistono testi letterari in turco riferentisi
rispettivamente a religioni come lo Sciamanesimo, il Nestorianesimo, il
Manicheismo, il Buddhismo, l’Ebraismo ed ovviamente l’Islam. Vd.
Alessio Bombaci,
[3] Vd.
J.P.Roux, “Storia dei Turchi” pg 10.
[4] Vd. R.R.
Arat, Eski Türk Şiiri, Ankara 1991.