Le mie memorie di Asokananda,
un maestro, un amico…
di
Ermanno Visintainer
Questa scomparsa così prematura ed imprevista di Asokananda mi costringe a compiere un notevole sforzo, sia mnemonico che poietico, onde reperire nuovi parametri valutativi per evocare la sua figura, innanzitutto a me stesso, con l’auspicio tuttavia che questa mia commemorazione possa rivestire un’analoga funzione anche per altri che lo hanno conosciuto.
A tal proposito preciso che nel momento in cui mi è pervenuta la notizia non mi è stato possibile razionalizzare tale compito, tanto era satura la mia mente di immagini, di reminiscenze indistintamente colte quà e là durante gli incontri intercorsi con lui. La scoperta di un leader internazionale dimassaggio thailandese e di un amico, i lunghi anni di regolari ritrovi, i molti corsi al suo fianco come assistente ed infine l’epilogo di tutto ciò: la miaesperienza in Nuova Zelanda come conduttore in vece sua della scuola di Rotorua.
La sua improvvisa dipartita mi ha lasciato, come credo, che abbia lasciato la maggior parte delle persone che lo hanno conosciuto, attonito e disorientato. Lì per lì non riuscivo a ricomporre o assemblare, i giusti pensieri o le parole adatte ad esprimere sinteticamente, in un’unica immagine, quello che egli ha rappresentato per me in tutto questo tempo.
Chi era Asokananda? È ovvio che una risposta a tale interrogativo può avere solo un valore intrinseco e soggettivo. Non pretendo di esprimere un giudizio esaustivo su di lui; non sono di certo l’unica persona che lo ha conosciuto da vicino.
Del resto Asoka stesso è sempre stato critico nei confronti della tendenza di definire una verità univoca, sia riguardo al massaggio che anche più in generale. Egli è sempre stato propugnatore di una poliedricità di punti vista rispetto alla realtà, quindi un avversatore di ogni dogmatismo.
Nonostante questa premessa e per quanto consapevole della frammentarietà di quello che mi accingo a dire, tenterò, in quest’articolo, di delineare un prisma biografico della sua personalità.
Quelli che gli sono stati vicini lo hanno definito così: “more than our teacher, more than our friend…”. L’Oriente, di cui egli aveva individuato la quintessenza nella dottrina buddhista, ha di certo costituito un aspetto essenziale della sua vita. Dalla sua personalità, a mio avviso, traspariva un amalgama di due elementi, di cui, nel primo si ravvisava un’essenza sostanziata di siderea ed extrasamsarica consapevolezza o śūnyatā, la vacuità noetica; mentre dall’altro tracimava la gentilezza, la compassione amorevole buddhista o metta, che sempre dimorava in lui. Quest’ultima era la parte affabile di lui e di ciò che egli definiva essere la sua attività precipua: ovvero il massaggio thailandese.
La prima volta che ebbi modo di incontrare Asokananda fu nel 1994, in occasione del primo corso principianti che egli organizzò in Italia in collaborazione della coordinatrice di quella che allora, da un embrionale idea, sarebbe poi divenuta la succursale italiana della Sunshine House thailandese.
Non era la prima volta che sentivo parlare di lui o della sua fama d’insegnante di massaggio thailandese. Qualche anno prima, infatti, come molti stranieri e turisti alla ricerca di scoprire i segreti di questo massaggio, che proprio in quegli anni iniziava a diffondersi attorno al mondo, mi ero recato in Thailandia per studiarlo presso il Buntautuk Hospital di Chiang Mai.
All’interno di questo centro a Chiang Mai, dove il maestro Chongkol, con cui esordì questo affascinante cammino, insegnava, già avevo avuto modo di leggere alcuni articoli su Asoka. Chongol alla fine del corso ci offrì il libro di Asoka sul Thai massage, dicendoci che era l’unica pubblicazione disponibile in una lingua occidentale.
Dopo averlo praticato, distaccato da stimoli esterni per un paio d’anni, ricevetti un invito per collaborare all’organizzazione del debutto di Asoka in Italia, cui aderì con grande entusiasmo.
Quest’esperienza fu per me, sebbene non fosse la prima volta che partecipavo ad un corso di massaggio, estremamente interessante e stimolante ma, nel contempo, abbastanza traumatizzante.
Fin dal primo istante Asoka mi apparve essere un tipo d’insegnante completamente diverso al confronto di quelli che avevo incontrato fino allora, la maggior parte dei quali si atteggiava con altezzosità solo per aver praticato qualche anno di massaggio dopo una breve vacanza in Giappone o in qualche altro paese asiatico, imponendo ogni sorta restrizione alimentare e macrobiotica. Lui, al contrario, era veramente un personaggio straordinario. Il suo metodo d’insegnamento era molto aperto, semplice e spontaneo.
Innanzitutto egli non imponeva alcun tipo di penitenza o di mortificazione dietetica né tanto meno fideistica, per accedere alla sua scuola, sebbene personalmente praticasse un’ascesi piuttosto stretta, da questo punto di vista.
Evocando nella mia mente quel suo viso sorridente ed enigmatico, posto in risalto dai piccoli occhiali rotondi, ricordo il suo look, il suo modo di vestire che erano davvero originali: indossava sempre camicie sgargianti in seta thailandese contraffatta, falsi pantaloni Benetton, probabilmente acquistati nei bazar notturni di Chiang Mai e ciabatte in plastica ai piedi, anche in inverno, cui dava un cambio una volta ogni due tre giorni per il bucato.
Il suo intrigante ed antinomistico stile di vita, che non mancava di creare qualche attrito in alcune persone, era una sorta di provocazione intenzionale, una sfida nei confronti dell’ordinarietà. Esiste un termine sufi che lo identifica in modo preciso: malamātī, Asoka era uno di questi, in qualche modo egli cercava di attrarre il biasimo altrui.
Una volta, in un corso, a proposito di se stesso ci disse che egli era “un turista di professione, qualcuno che cercava di perseguire uno stile di vita nomade”, il suo intento era quello di viaggiare attorno al mondo insegnando Massaggio Thailandese e aggiungerei ha veramente dato dimostrazione di conseguire questo scopo. Riflettendo a posteriori mi viene da dire che probabilmente tale atteggiamento altro non era che il suo modo personale di interpretare il concetto buddhista di non ipseità, anātta e non attaccamento, anupādāna, appreso durante le sue permanenze nei monasteri Theravada.
Credo che egli abbia cercato di situarsi in una sorta di condizione adamantina forgiata all’uopo di evitare una collusione con i condizionamenti di una vita samsārica, personificando una sintesi fra un monaco buddhista itinerante, una sorta di maestro della “Dottrina del Risveglio” e un manager freddo e calcolatore, capace di trarre vantaggio dallo scenario internazionale globalizzato in cui noi tutti ci troviamo a vivere.
Ricordo che talvolta Asoka interpretava dei ruoli che gli facevano assumere una sorta di atteggiamento da Giano bifronte, ovvero di un interlocutore abile a relazionarsi con qualsiasi genere di persona anche avente interessi antitetici rispetto ai suoi.
Detto ciò, onde evitare di cadere in facili adulazioni della sua figura, demitizzandola da quell’alone di mistero e di sacralità che spesso degenera in forme di feticismo, voglio aggiungere che talvolta, rapportandosi con lui, emergeva un sedimento, un anfratto personale un po’ oscuro ed ineffabile che altrimenti non saprei come designare se non utilizzando quest’anfibologia a lui tanto cara, che è il termine tantrico.
Di certo l’esito più macroscopico del suo ingegno è stato quello di aver saputo creare una rete internazionale del massaggio thailandese, coniugando in una sintesi che rasenta la perfezione, saggezza tradizionale e moderna tecnologia, permettendo a tutti i suoi accoliti di trarne un beneficio virtuale, ancora operante nonostante la sua dipartita.
Sabbe sankhārā aniccā |
Tutte le cose condizionate sono impermanenti |
Sabbe sankhārā dukkhā |
Tutte le cose condizionate sono dolorose |
Sabbe sankhārā anattā |
Tutte le cose condizionate sono prive di sè |
Era solito cantillare durante i suoi sermoni mattutini anche a prescindere dai corsi, ciò faceva parte della sua pratica spirituale.
Ritornando indietro a questo primo corso, ricordo che egli venne accompagnato da Carla Possanzini, la sua prima allieva italiana, nonché interprete, la prima assistente senior; peraltro autrice della pubblicazione italiana del suo libro per le Edizioni Mediterranee.
In questo corso ebbi anche modo di conoscere per la prima volta quelli che sarebbero divenuti i due suoi più noti epigoni: Andrea Baglioni e Laurino Bertelli, autore, quest’ultimo, del libro “Latrino’s tantric constipation dance”, pubblicato da Asokananda.
Ovviamente la parte più difficoltosa delle lezioni era inerente alla sveglia mattutina per i chanting e le meditazioni, non tanto per quest’ultime nella fattispecie, ma piuttosto per lo shock dovuto all’alzata e alla perdita di sonno. La cantillazione della professione di fede buddhista, Namo Tassa Bhagavato Arahato Sammā Sambuddhasa e della Genesi Condizionata, la Paticcasamuppāda, era per me particolarmente affascinante.
Rammento che proprio nel modo in cui deve operare un vero mantra, l’eco di questi versi riverberò nella mia mente per un lungo tempo dopo il corso.
A proposito dello yoga ricordo che di primo acchito non mi piacque granché, al confronto dei miei precedenti lunghi anni di pratica delle arti marziali e del tai ji quan mi sembrava grezzo e superficiale, tuttavia, specialmente nei primi giorni mi accorsi che risultò essere così efficace che il mio intero corpo divenne dolente: il fegato, le gambe, la schiena, evidentemente stavo attraversando un processo alchemico di purificazione fisica e spirituale, così ebbi modo di constatare che questi tre elementi operavano in maniera sintropica molto potente.
Pertanto, questo primo corso risultò essere per me una sorta di trasformazione su vari piani, ovvero a livello dei cinque koša, inoltre, sebbene, come summenzionato, avessi già praticato il massaggio thailandese per un paio d’anni, mi accorsi che fino a quel momento la mia testa era satura di concetti aristotelico-razionalistici –come Asoka era solito dire mutuati prevalentemente dalla mia precedente formazione di massaggiatore.
L’intero corso era caratterizzato, così come dovrebbe essere in oriente, da un approccio didattico basato unicamente sulla pratica senza grandi speculazioni filosofiche o voli pindarici attorno a vacue teorie.
Asoka, al contrario della maggior parte dei suoi colleghi italiani, i quali insegnano stili di massaggio orientale con un metodo analitico di derivazione occidentale, puntualizzava sovente questo aspetto “differente” della sua didattica.
Egli era uno strenuo confutatore della teoria occidentale, da lui definita cristiana e aristotelica, circa l’esistenza di un unico approccio alla verità.
Egli era, ovvero assertore di un punto di vista epistemologico diverso, antidogmatico, secondo cui, similmente alla metodologia della corrente filosofica del buddhismo madhyamaka, la comprensione non scaturisce dai processi logico speculativi, bensì dall’attitudine a deconcettualizzare la mente e svincolarla da qualsivoglia forma di nozionismo, altresì tramite anubhāva, ovvero divenire la cosa meditata, cioè l’esperienza diretta, omorganica di ciò che altrimenti è l’oggetto del pensiero separato dal soggetto.
“l’Oriente non considera la verità come unica e assoluta bensì esso contempla varie possibilità. Non esistono concetti immutabili o assoluti.Ogni situazione in Oriente è fluida e mutevole. Il massaggiatore thailandese, ma più in generale in Oriente, non si pratica diagnosi o terapia. Il modo xoccidentale di pensare è dogmatico, pragmatico e razionalista. In Oriente tutto è variabile… dipende… (dagli appunti di Barcesino)”
ci spiegò enfatizzando le ultime parole.
Evidentemente qui egli intendeva riferirsi al concetto indù o estremo orientale di verità e di peccato, secondo cui le azioni non si distinguono sotto il rapporto di un valore intrinseco o assiologico, ma bensì sotto quello dell’opportunità in vista di reazioni cosmiche o spirituali. Gli orientali non distinguono il morale dall’immorale, ma il vantaggioso dal nocivo.
Asoka, in seguito ci spiegò che il massaggio thailandese non era da considerare inferiore ad altri stili di massaggio orientale solo in quanto carente di una complessa e seducente teoria filosofica, ma piuttosto, come una forma molto completa di massaggio più semplice ed alternativa a questi. “funziona come dei tragitti sostitutivi e non convenzionali su una mappa stradale”, disse, usando parole semplici in un corso avanzato, in cui approfondiva le linee energetiche.
Ricordo che alla fine del corso incontrandolo, memore del mio retaggio di shiatsu, gli dissi: “mi piaci, trovo affascinante il tuo modo d’insegnare e penso che tu sia il Matsunaga del massaggio thailandese”, nel senso di riformatore, qualcuno che ne abbia reinterpretato i principi. Ma, con il senno di poi, debbo dire che Asoka sia stato anche più grande.
Se, oggi, dovessi trovare un termine, una locuzione per definire la peculiarità del massaggio che Asoka ci ha trasmesso, dovrei usare definizioni mutuate dalla scienza etnoliguistica potendo queste anche esulare dalla propria “scientificità”. Infatti, se esiste una dimensione sacrale del suono, come dell’immagine o del movimento, esiste senza dubbio anche un’equivalente dimensione della struttura e della sintassi dei linguaggi, cui quelli moderni, soprattutto occidentali, diacronicamente assoggettati a vari processi antropico degenerativi, soprattutto il kantiano razionalista, si dimostrano inadeguati ad esprimere. Non è un caso che la scienza nasca in Europa. Esistono linguaggi la cui sintassi apre alla mente diverse possibilità di interagire con la realtà rispetto a quelle logico speculative. Nella fattispecie, a mio avviso, l’approccio di Asoka al massaggio è stato di tipo polisintetico ergativo, in contrasto con le tipologie più analitico flessive e reificanti, come le lingue che le veicolano, (ad esclusione del basco) diffuse qui in Europa. Con il termine polisintetico, voglio alludere a qualcosa di archetipo, analogamente a questa funzione dei linguaggi paleoasiatici, in cui una singola parola sintetizza il senso di una intera frase analitica, perciò riconosco nel massaggio che Asoka ci ha trasmesso la forma più pura esistente di una ancestrale tradizione paleoasiatica di massaggio che sottende tutti gli esistenti stili orientali. Mentre con il termine ergativo, invece, mi riferisco alla connessione omorganica tra operatore e paziente.
Asoka, del resto quando ne parlava, sebbene non fosse troppo propenso a mescolare le differenti tipologie di massaggio, era molto recettivo nei confronti di altri stili che riteneva avessero un’origine comune. Da vari anni, ad esempio, aveva incluso nel programma della sua scuola il massaggio keralese del maestro Prabhat Menon, evidenziandone le analogie con il massaggio thailandese, so inoltre che era interessato anche ad altro.
A questo punto vorrei integrare una breve postilla in merito al suo assorbimento nella religione buddhista nonché alla sua funzione di pioniere della diffusione del massaggio thailandese in occidente. Forse non è noto a tutti che nonostante Asoka fosse tedesco, vantava altresì un’ascendenza ungherese. Ricordo l’occasione in cui ne parlammo, allorché egli precisò di averne accennato nel suo libro “The yoga ofMindfulness”.
Ritengo che proprio questi peculiari aspetti della sua figura possano essere comparati con quelli di un illustre ungherese, suo antesignano, anch’egli grande viaggiatore dell’Oriente, il quale fu l’autore del primo dizionario di lingua tibetana: egli fu il più famoso fra gli Ungheresi, l’orientalista Alexander Csoma Kőrösi (nato nel 1784 in Transilvania, e morto nel 1842, a Darjeeling, in India) la cui tomba ai piedi dell’Himalaya è meta di pellegrinaggio e che, il Dalai Lama, nel corso di una visita in Ungheria, proclamò santo. Quindi penso che possiamo individuare in entrambe queste personalità: quella di Asoka, la cui tomba si trova in Thailandia, e quella di Csoma Kőrösi una sorta di parallelismo. Entrambi sono stati ermeneuti ed esegeti di un oriente assoluto, un oriente origine archetipo, dimorante fisicamente nel mondo esteriore ma situato soprattutto nell’interiorità, al di fuori delle dimensioni cartografiche e perseguibile solo per mezzo di un’appercezione noetica e meditativa.
Ricordo a tal proposito che in sanscrito i termini pūrva e pūrvaja rispettivamente significanti oriente ed antenato derivano dal medesimo etimo. Entrambi hanno saputo ampliare i propri orizzonti spirituali penetrando e riconoscendo se stessi nell’essenza di una dottrina alloctona in cui non erano nati: il buddhismo. Entrambi ci hanno lasciato in eredità un paradigma di vita da cui, in questo scenario internazionale ottenebrato dal paventato scontro di civiltà, possiamo trarre ispirazione.
Contatti e Informazioni:
Dott. Ermanno Visintainer Pergine Valsugana, Trento erenvis@yahoo.it
Asokananda’s Authorized Teacher senior tel: +393407667936
OM MANI PADME HUM
www.honouringasokananda.com