ad Ay Čürek, la mia maestra
Тудуп эмнээр – Tudup emneer è il termine con cui a Tuva ci si riferisce ad una forma di purificazione sciamanica che assume altresì le sembianze di un massaggio.
Tuva è una piccola repubblica situata lungo il corso superiore del fiume Jenisej, a nord-ovest della Mongolia, un territorio che culturalmente si pone a metà strada fra il mondo turco e quello mongolo[1].
Nel presente articolo, come ci suggerisce il titolo, intendiamo accostare, raffrontare due modalità d’espressione del massaggio, quello tuvino Tudup emneer e il thailandese Nuad Börarn, cercando di porre in evidenza eventuali analogie e affinità strutturali così come le differenze, all’uopo di ricostruire gli elementi essenziali di quell’ancestrale ed archetipa forma paleoasiatica di massaggio da noi indicata in un altro scritto[2].
A nostro avviso, si potrebbe asserire che i due massaggi, analogamente alla comparazione a suo tempo suggeritaci da Asokananda per quanto riguarda il massaggio keralese, Chawutti Thirummal[3], rappresentano l’estrinsecazione di due diverse quanto omologhe modalità di operare il riequilibrio energetico sui cinque koša[4]originatesi in seno alla summenzionata tradizione paleoasiatica, successivamente differenziatesi per motivi culturali e storico-geografici. La complementarietà di queste due metodiche del massaggio, tuttavia, non sfugge all’occhio avvezzo.
Infatti, nella fattispecie, si potrebbe asserire che le due prospettive: rispettivamente quella mongola (in senso lato quindi anche tuvina) e quella thailandese, di cui la prima è prettamente continentale, monolitica, simbolicamente legata all’inviolabilità ed alla ieraticità delle vette e agli strati superiori dell’atmosfera su cui risiedono divinità uraniche come Tängri e Kara Khan, mentre l’altra in antitesi, legata alla mutevolezza dell’elemento liquido, alla sacralità delle acque e alle civiltà del Sud-Est, all’area del Pacifico ed ai Naga, possono essere comparate alla diade metafisica riprodotta nell’emblema taoista [, nel senso che entrambe contengono in nuce il loro contrario.
Quindi, schematizzando, da un raffronto fra le qualità cosmiche e la geografia immaginale proprie di un ambiente secco, rigido, quindi yang qual è quello dell’Asia centrale da una parte, rispetto a quello maggiormente umido e lussureggiante, ovvero yin del Sud-est asiatico dall’altra, quasi in una sorta di eterogenesi di fini, si potrebbe evincere che il massaggio tuvino, in virtù del suo approccio spiccatamente afferente con l’energia, delinei una sfumatura femminile, mentre il massaggio thailandese nella sua connotazione maggiormente efferente evidenzi una tipologia in prevalenza maschile.
Venendo al primo, diciamo innanzitutto che il nome stesso, Tudup emneer, ne evoca inequivocabilmente la genesi femminile. Tale locuzione, il cui significato è approssimativamente quello di “guarigione con il fumo”, invero, deriva dalla forma gerundiva: tudup[5] dell’omonimo verbo il cui significato è ascrivibile all’area semantica del fumo, con riferimento all’utilizzo catartico-terapeutico del suffumigio eseguito con l’ арц-artz, una variante siberiana della pianta del ginepro selvatico, mentre il fonema em, possiede da un punto di vista filologico una tale pregnanza che riteniamo valga la pena dedicargli un breve excursus.
In mongolo ed antico turco la voce: эм-em, äm, medicina, medicamento, ma anche donna, femmina, da cui эмч- emč, ämči, medico, guaritore ed oggi dottore,[6] è un fonema che ha origini antichissime nella cultura altaica. Lo ritroviamo in turco moderno nel verbo emmek e derivati con il significato di “succhiare-assorbire”, nonché in una voce foneticamente affine: ам-am, la quale in mongolo assume il significato di bocca mentre in turco quello di matrice, vagina, ovverosia l’organo che accoglie e rigenera per antonomasia[7]. Quest’ultimo termine, peraltro, ci riconduce ad un sinonimo avente dei risvolti degni di attenzione, in quanto esso viene impiegato sia nell’accezione di donna-sciamano che quello di vagina. Il sinonimo in questione è il termine mongolo-buriato: удаган-udagan, la cui emblematicità in questo contesto ci pare di non poco conto.
Non possiamo esimerci dal menzionare un parallelismo con il mondo nordico, nella fattispecie con i misteri della runa Perð, la runa dei segreti celati che vengono alla luce, runa della divinazione, la cui forma richiama alla mente quella di una coppa. Essa costituisce il segno della “völva”, ovvero la veggente, la pizia norrena il cui nome è stato posto in relazione con l’etimo latino di vulva[8].
Tutto questo ci offre la testimonianza della presenza di un substrato tradizionale, anche in quest’area del mondo, che attribuisce alle donne la trasmissione di una saggezza legata alla pratica delle tecniche di guarigione. “Nella sua passività e inferiorità apparente il femminile è superiore al maschile”, scrive 老子–Lǎozǐ nel 道德經–Dàodé jīng, mentre noto è il concetto di 無為–wu wei, “agire senza agire” che traspare dallo stesso testo assimilato al concetto buddhista di śūnyatā–शून्यता, la vacuità, il vuoto noetico, tradotto in cinese con l’ideogramma: 空–kōng, ascrivibile alla qualità metafisica della fascinosità del femminino.
Venendo alla manualità del Tudup emneer, diremmo che esso è in sostanza un’antica forma di purificazione eseguita esclusivamente con la parte palmare delle mani a differenza di altre forme di massaggio in cui, a dispetto della profusione di donne praticanti, si utilizzano le parti protuberanti, ovvero yang del proprio strumento di lavoro, cioè il corpo, come dita, gomiti, ginocchia e piedi, ignorando l’implicazione itifallica ovvero di turgidità che esse possiedono, pensiamo solo allo 指圧-shiatsu, questa neotecnica nippo-americana in voga da qualche decennio a questa parte, il cui significato letterale null’altro è che “pressione delle dita”[9].
Ebbene nel massaggio tuvino si opera con la mano che assume una foggia “a coppa”, quindi yin, in cui la parte che realmente stabilisce un contatto con il corpo del paziente è quel vuoto che viene a crearsi nella cavità palmare. Sul motivo della coppa non ci sembra il caso di dilungarci, essendo stato di recente anche fin troppo inflazionato con la risonanza ottenuta dal fenomeno editoriale e cinematografico del “Codice da Vinci” di Dan Brown, tramite il personaggio evangelico della Maddalena; diciamo solo che tale simbolo unitamente ad altri simboli omologhi fra cui 坤–Kun, il trigramma ricettivo, l’io nascosto della concezione filosofica antico-cinese dei 八卦–bā guà, racchiude in sé quel vuoto che opera la rigenerazione spirituale.
Tale vuoto, che peraltro viene saturato tramite precisi rituali, similmente alla percezione che suscita la vista di un abisso, agisce sul paziente come una sorta di ebbrezza unita ad una sensazione di vertigine che lo possono condurre al momento folgorativo dell’unità. Perciò le mani dell’operatore-sciamano aspirano, succhiano, estraggono dal corpo del paziente le energie negative che a Tuva sono chiamate “курттар-kurttar” o vermi. Secondo questa credenza essi sarebbero una sorta di entità viscose ed appiccicaticce che vampirizzano il corpo del paziente e che lo sciamano deve rimuovere tramite questa forma di purificazione[10].
Il principio su cui si basa Tudup emneer è in definitiva anche il medesimo che utilizza le coppette di vetro per estrarre infermità dal corpo, diffuso in varie culture, tuttavia qui viene ad amalgamarsi con la funzione di psicopompo dello sciamano.
Un accenno spetta ancora al massaggio keralese, Chawutti Thirummal, da cui Asokananda aveva mutuato la cosiddetta “pacca” finale sul sacro, integrandola poi nei corsi avanzati, la quale è finalizzata a risvegliare l’energia del serpente o कुंडलिनी,- kundalinī, proprio con la mano tenuta in quella peculiare forma “a coppa” che è d’uso nel massaggio tuvino.
Si può dire che nella misura in cui la “pacca” sul sacro stimoli l’energia कुंडलिनी,- kundalinī in quell’area del corpo, analogamente Tudup emneer risveglia temporaneamente tale energia in tutta la compagine corporea. La conseguenza di ciò è una sorta di effetto che M.Eliade, riconnette ad uno dei temi mitici dello sciamanesimo da lui enunciati, ovvero alla “produzione di calore magico” o “calore interno” che egli accosta al tapas[11], l’ardore ascetico o mistico delle tradizioni cosmogoniche dell’India, e che P.Filippani Ronconi, con una -a nostro avviso- felice espressione, definisce “autopirogenesi”[12], detto anche in tibetano gTum mo – tummo, un calore intenso che si irradia nell’intero corpo pervadendolo.
Giunti a questo punto, per concludere, diciamo che sebbene il Tudup emneer sembri essere privo del concetto di เส้น-sen o linea energetica propria del massaggio thailandese, tuttavia la sequenza possiede una propria sistematicità, per quanto condizionata dal tipo di manualità cui abbiamo fatto riferimento e segue i medesimi percorsi. Già abbiamo riferito di similitudini con il Chawutti Thirummal; una qualche ulteriore analogia la potremmo ravvisare, forse, nel massaggio laotiano[13], in cui, nonostante l’origine thailandese, il lavoro sulle linee viene subordinato agli impastamenti muscolari.
La finalità rimane comunque la medesima, ovvero il ripristino dell’equilibrio energetico, solo che mentre nel massaggio thailandese esso è forse più autodiretto, come risultato di un maithuna, ovvero una copulazione delle energie interne itta e pingala, nel Tudup emneer appare maggiormente eterodiretto, con questa caratteristica di una folgorazione veicolata per mezzo dello sciamano dagli spiriti. (Pubblicato il 12 Mag 2006)
Massaggio sciamanico tuvino – Tudup emneer
Massaggio cranico -Tolgoi Baria
Contatti e Informazioni:
Dott. Ermanno Visintainer Pergine Valsugana, Trento
Asokananda’s Authorized Teacher senior email: erenvis@yahoo.it tel: +39 3407667936
Altre info sulla sciamana AI-TCHOUREK OJUN Cuore di LUNA
http://www.siberianshamanism.com/
Questo articolo è stato pubblicato su: rivista on-line del sito www.ilguerriero.it, il Portale di Arti Marziali, Sport da combattimento, Kick Boxing, Muay Thai, Cultura, e sul sito di http://www.asiatica.altervista.org/ la rivista di VersOriente curata da Fabio Mango
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[1] Vd. O. M. Khomušku, in Religija v istorij kul’tury Tuvincev, Moskva 1998, p.14, e Tamara Budegeči, Khudožestvennoe Nasledie Tuvincev, Moskva, 1995.
[2] Vd. Le mie memorie di Asokananda, un maestro, un amico di Ermanno Visintainer, in www.waithai.it
[3] Vd. Asokananda & Prabhat Menon , “ONE ROPE, TWO FEET AND HEALING OILS”.
[4] Riguardo ai cinque koša vd. Asokananda, THAI TRADITIONAL MASSAGE for Advanced Practitioners.
[5]Vd. İ.Z.Eyuboğlu, Türk dilinin etimoloji sözlüğü, İstanbul 1995. Tale etimo con la variante apofonica: tud-tüt, frequente nella lingua tuvina rispetto al turco standard, uscente nella forma protoaltaica: tut-i. In turco l’equivalente forma verbale è: tütüp-tüdüp, mentre la voce tüt-sü significa incenso. È interessante, a tal proposito, notare l’assonanza che, in due lingue storicamente non troppo accostabili anche se tipologicamente affini, le quali tuttavia hanno generato una sintesi linguistica originale come la lingua yiddish, possiedono i termini che indicano il fumo, rispettivamente in tedesco: rauch, e lo spirito divino, in ebraico:רוּחַ –ruach, detto anche ruach hakodesh: רוּחַ הַקֹּדֶשׁ, spirito santo.
[6] D. Tömörtogoo, A modern mongolian-english-japanese Dictionary, 1977, Tokyo.È altresì curioso il fatto che questa voce evochi un neologismo presente nel turco moderno: emmeč-aspiratore elettrico, che sembra forgiato ad hoc per designare il modus operandi del massaggio tuvino.
[7] Vd. İ.Z.Eyuboğlu, Türk dilinin etimoloji sözlüğü, İstanbul 1995.
[8] Vd. Mario Polia, Le Rune e i Simboli, Padova, 1983, pg. 78-80.
[9] Lungi questa dall’essere una critica, quanto piuttosto una provocazione rivolta a quanti praticano con protervia questa tecnica e denigrano le altre, relegandole ad un rango inferiore o quantomeno marginale, dimenticando la certificata legittimità o regolarità tradizionale di queste -per usare una categoria guenoniana- appellandosi a fumosi concetti di dottrina zen dal sapore new age, oppure ad elementi mutuati da una medicina tradizionale cinese alquanto spuria, essendo stata, in un primo tempo, tradotta e reinterpretata, sulla base di canoni catto-, ovvero tomistico-aristotelici, ad opera da quei gesuiti che Battiato in una celebre canzone definisce: “euclidei, vestiti come dei bonzi per entrare a corte degli imperatori, della dinastia dei Ming”; quindi riformata -come tutti sanno- dal “Grande Timoniere”, Mao Tse-tung, in tempi più recenti. Del resto non voglio certobaypassare il fatto che nello shiatsu si usino anche le palme, oppure che il concetto di pieno-vuoto, 虚実(きょじつ-kyojitsu)ne costituisca un caposaldo, come scrivono Matsunaga & Ohashi in Zen Shiatsu, 1986, Roma, sebbene trovi alquanto anomalo se non equivoco l’utilizzo dei due ideogrammi 虚 e実, kyo e jitsu, i quali, pur rendendo meglio di altri, forse, la contrapposizione pieno-vuoto, appaiono alquanto artificiosi ed avventizi in quanto non di uso comune nella lingua giapponese. Possedendo, pertanto, accanto a quella di pieno-vuoto, da un punto di vista etimologico anche l’accezione di vero-falso, ammiccano ad un qual certo dogmatismo di stampo occidentale intriso di becero moralismo.
[10] Una menzione va, a nostro avviso, spesa a tale proposito per ricordare quella condizione di “passività”, in senso gurdjieffiano, cui soggiace la mente, propensa così ad essere continuamente proiettata fuori da sé quindi vampirizzata.
[11] M.Eliade, Lo Yoga., p.504.
[12] In questo caso però la definiremmo eteropirogenesi in quanto stimolata dall’esterno. Vd. P.Filippani Ronconi, L’Induismo, Milano 1994, p.11.
[13] Così come individuiamo delle analogie tra l’antico alfabeto orkhonide e tuvino con la grafia siniforme YI, in uso presso le popolazioni lolo-birmane del sud della Cina.