Bangkok, il business dei tuk-tuks, mezzi di trasporto per turisti
a cura di Fabio Mango
BANGKOK: Colorati, veloci e costosi. Solo a Bangkok, i Tuk-tuk (ตุ๊กตุ๊ก o ตุ๊กๆ in Thai ) che girano in lungo e in largo per la città sono migliaia. Decorati con immagini e monili buddisti, sono finiti nelle pellicole di diversi film noti come: The Beach con Leonardo di Caprio e Ong Bak con Tony Jaa, e sono stati protagonisti di molte pubblicità e videogames.
Ricordano l’italianissima Ape della Piaggio e possono trasportare fino a 3 persone. Oggi gli autisti di tuk-tuks a Bangkok, sono per lo più giovani,provenienti da altre province, in cerca di fortuna. La maggior parte dei quali, lavora per un periodo che può variare dai 3 ai 6 mesi. Soprattutto perché superare questa soglia significherebbe mettere in pericolo la propria salute, per l’alta concentrazione di polveri sottili dovute all’inquinamento. Solitamente non sono proprietari del mezzo, ma vengono semplicemente assoldati da numerose società che affittano il mezzo mettendo a segno giri d’affari da capogiro. I guadagni dei giovani autisti invece, provengono dalle pubblicità che espongono e dalle persone che riescono a trasportare. E se il tassametro è ancora utopia, a decidere la tariffa sono la capacità di negoziazione del turista e il “buoncuore” del tassista. Insomma, si contratta per ogni corsa.
Nonostante le restrizioni del Governo thailandese –che ha limitato l’attività dei tuk-tuks nella zona di Rattanakosin, sulla riva ovest del Chao Phraya, per problemi legati all’intenso traffico e alla sicurezza– con lo sviluppo del turismo, gli autisti di tuk-tuks sono diventati dei veri e propri “cacciatori” di stranieri, sia di giorno, sia di notte: si appostano nei punti strategici, puntano gli occhi sul malcapitato di turno e lo convincono a salire a bordo, promettendogli, per una cifra irrisoria, un divertente giro per la città.
Ma la musica cambia appena il turista mette piede sul mezzo. Il giro consiste infatti in una serie di visite ai negozi (soprattutto di stoffe, oro e gemme) con i quali i guidatori avevanoprecedentemente “stipulato” un accordo che prevede, nel caso di visita senza acquisto di merce, il semplice rimborso in buoni benzina. Al contrario, se l’affare va in porto, ovvero se il passeggero dovesse comperare qualcosa, al conducente viene destinata una percentuale sull’incasso. Il copione si ripete la sera, ma essendo gli esercizi commerciali chiusi, i tuk-tuks si “appoggiano” ai tanti locali di intrattenimento, ristoranti o disco-pub.
Ad ogni modo, semplici ma colorati, costosi ma agili in mezzo al traffico infernale della “città degli angeli”, i Tuk-tuks hanno anche loro una storia daraccontare. Lunga più di 60 anni. Inizialmente questi mezzi di trasporto venivano chiamati –samlor– (sam = tre, lor = ruota, in lingua Thai) e non erano altro che una via di mezzo tra un risciò e una bicicletta, con una cabina posteriore per caricare i passeggeri. Negli anni 60 il –samlor– venne sostituito da una versione giapponese a motore e utilizzato per il trasporto pubblico. Questo nuovo mezzo prese il nome di tuk-tuk a causa dello scoppiettio del suo motore; rumore che ha perso nella versione moderna, alimentata a gpl (gas propano liquido).
tratto da Corriereasia
Fabio Mango è nato a Roma il 19 settembre del 1972. Appassionato di lingua, cultura e storia orientali, grazie ad una borsa di studio ha studiato presso l’Università dello Yunnan (1999-2000) e nel 2003 si è laureato in “Lingua e letteratura cinese” presso la Facoltà di Studi Orienatli dell’Università “La Sapienza” di Roma, ottenendo, nello stesso anno un Master in “Tourism Managment&Human Resources“. Ha curato la traduzione di “Oltretutto, visioni e parole” di Yang Xuheng pubblicato nel 2005 da Edizioni Akkuaria (Non disponibile). Attualmente sta frequentando la specializzazione in “Society and Economy in Contemporary China” presso la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa e il College of Economics and Business Administration alla Chongqing University nel Sichuan (Cina). E’ stato responsabile e coordinatore della rivista Asiatica attraverso la quale si è interessato alle dinamiche d’integrazione, cooperazione e conoscenza reciproche tra l’Italia e il mondo orientale.